martedì 14 giugno 2016

Google ci ricorda il papà del gruppo sanguigno AB0

Il doodle odierno di google ci ricorda l'anniversario della nascita di un uomo che ha incarnato perfettamente la figura dello scienziato moderno. Agli albori del secolo scorso, il medico austriaco, in seguito cittadino americano a tutti gli effetti Karl Landsteiner, riuscì a dare una risposta scientifica ad un problema medico vecchio di quasi due secoli.







Prima della sua enorme e fondamentale diffusione, la pratica delle trasfusioni sanguigne era poco praticata e sempre rischiosa. In alcuni casi il trattamento era un prezioso alleato per la salute del paziente, in molte altre situazioni si assisteva a reazioni più o meno violente che spesso conducevano ad una morte (anche rapida) del ricevente. Il tutto sembrava casuale, non rispondente ad alcuno schema preconfigurato. Ad arrovellare maggiormente le menti di medici e scienziati era anche il fatto che all'osservazione ad occhio nudo e al microscopio ottico, sangue del donatore e del ricevente sembravano identici. Quello che determinò una svolta epocale, e che valse il premio Nobel per la medicina a Landsteiner fu un'acuta osservazione, punto di partenza per una serie di indagini mirate che portarono alla scoperta dei Gruppi Sanguigni.



Animato da una sana curiosità e dall'amore per la ricerca di base, quella che gli valse numerosi altri riconoscimenti, in settori diversi delle scienze, soprattutto nel ramo della biochimica e dell'immunologia, Landsteiner iniziò i suoi studi ematologici dopo aver osservato che il sangue umano, a contatto con sangue animale o con sangue di alcune altre persone, presentava un fenomeno rapido e facilmente distinguibile, l'agglutinazione. Una volta a contatto, i due tessuti (sì, il sangue è un tessuto, ricordiamolo tutti) di origine diversa reagiscono formando degli aggregati solidi che provocano lo sfaldamento delle cellule coinvolte (emolisi) ed il conseguente rilascio di tossine pericolose. L'agglutinazione non è il sintomo di una particolare patologia come si credeva all'inizio del '900 ma una vera e propria reazione chimica. Fu questo l'assunto da cui il protagonista del doodle odierno partì.



Continuando ad osservare e dopo numerosi esperimenti, Landsteiner riuscì ad indentificare la causa dei fenomeni di emoagglutinazione, ovvero alcuni antigeni specifici presenti sulla superficie degli eritrociti. La violenta reazione osservata non era altro che una "reazione allergica" del sangue del ricevente nei confronti del sangue del donatore, riconosciuto come estraneo perchè provvisto di antigenti diversi.



Riuscì ad identificare 3 diversi antigeni e classificò il sangue umano in 3 gruppi: A, B e 0. L'anno successivo venne aggiunto all'elenco anche il gruppo AB. Le peculiari proteine (antigeni) che reagiscono contro anticorpi specifici sono determinate geneticamente e dipendono dalle combinazioni alleliche ereditate dai nostri genitori.



[caption id="" align="aligncenter" width="520"] By ABO_blood_type.svg: InvictaHOG derivative work: CristianCantoro (ABO_blood_type.svg) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons[/caption]

I soggetti che presentino gruppo sanguigno di tipo A, possiedono sulla membrana dei globuli rossi la proteina A, mentre nel plasma (parte "liquida" del sangue) gli anticorpi contro la proteina B. Analogamente, i soggetto di tipo B avranno sulla membrana eritrocitaria la proteina B e nel plasma anticorpi anti-A.
Un soggetto con sangue di tipo 0 non possiederà né la proteina A né la proteina B sulla superficie dei globuli rossi, ma nel plasma avrà sia anticorpi anti-A sia anticorpi anti-B. Per questo i possessori di gruppo sanguigno 0 sono comunemente chiamati donatori universali: la mancanza di antigeni specifici rende questa tipologia di sangue tollerata da tutti gli altri gruppi sanguigni. Di contrappasso, un soggetto di tipo 0 potrà ricevere una trasfusione solo da un altro soggetto 0.
Invece i possessori di gruppo AB, i cui globuli rossi presentano sulla superfine proteine di tipo A e di tipo B, non possedendo nel plasma anticorpi contro A e contro B, possono ricevere trasfusioni da qualunque tipologia di sangue.





Ancora oggi, per determinare il gruppo sanguigno di un individuo, si esegue un test di agglutinazione: una goccia di sangue viene fatta reagire con del siero che contiene due tipi di anticorpi (anti-A e anti-B) e viene osserva la reazione delle cellule.
Se dovessero formarsi degli agglomerati solo con il siero anti-A, il soggetto avrà gruppo A, se invece avviene emoagglutinazione solo in presenza di siero anti-B il soggetto sarà di gruppo B. Se si osserva agglutinazione con entrambi i sieri, il soggetto sarà AB (in questo caso si esegue un doppio test di controllo). Se le cellule non presentano in nessun caso il fenomeno di agglutinazione, il sangue in esame è di tipo 0.
Nei centri trasfusionali (compreso quello in cui ho svolto il mio tirocinio qualche anno fa), il controllo del gruppo sanguigno prima di iniziare una trasfusione ad un paziente, viene effettuato sia automaticamente con l'ausilio di macchinari, sia manualmente, per maggior sicurezza.



Ad oggi la Società Internazionale delle Trasfusioni di Sangue riconosce ben 30 sistemi diversi di classificazione per i gruppi sanguigni. Convenzionalmente però, ai fini medici viene utilizzata universalmente la classificazione AB0, quella per cui dobbiamo ringraziare questo baffuto signore, che qualche anno dopo, nel 1940, insieme al collega Alexander Wiener, scoprì anche il fattore Rh.
Oggi, sia per le trasfusioni che per altre tipologie di esame (come il test di Coombs, fondamentale per individuare in gravidanza eventuali incompatibilità tra il sangue materno e quello del feto) il fattore Rh viene sempre identificato e valutato insieme al gruppo sanguigno. Questo importante fattore deve il suo nome alla specie animale in cui per prima venne isolato, il Macacus rhesus. Sulla superficie dei globuli rossi (del macaco ma anche di noi umani), oltre alle proteine già citate in precedenza, è presente anche un sistema formato da 13 proteine. Una di queste, chiamata proteina D non è tuttavia presente nella totalità degli individui. Il 15% circa della popolazione presenta infatti una mutazione del gene che codifica questa proteina, la quale non viene espressa: questi individui vengono definiti Rh-



Ringraziamo quindi Google per averci ricordato un uomo a cui dobbiamo una piccola, importantissima rivoluzione in ambito medico, i cui studi hanno indubbiamente contribuito a salvare milioni di vite. Ne approfitto per ricordare l'importanza dell'azione di donare il sangue, un gesto che non ci costa nulla se non qualche ora del nostro tempo, ma che rappresenta la salvezza per molte persone, soprattutto quelle costrette dalla loro patologia a ricorrere frequentemente alle trasfusioni (pensate alle tante forme più o meno gravi e diffuse di anemia).



 

 

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