lunedì 11 marzo 2019

Microplastiche e Nanoplastiche - il problema da non sottovalutare


Il nostro bellissimo Pianeta Blu


La nostra bella Terra è conosciuta anche come il Pianeta Blu, perché ad osservarla dall'alto é evidente la proporzione 70:30 tra acqua e terre emerse. Siamo un pianeta a prevalenza liquido, e così é bene che sia, dato che proprio dall'acqua é nata la "vita terrestre" così come la conosciamo e sempre da essa dipende la sopravvivenza dell'intero pianeta.
Eppure questo Homo sapiens sapiens che ha colonizzato ogni angolo di suolo senza badare alle conseguenze, continua imperturbato a mettere a repentaglio questa immensa ricchezza biologica con una serie di comportamenti ed abitudini irresponsabili ed egoisti.


La Plastica


Il centro dell'intera questione pare essere un materiale sintetico di diversa origine, ma che principalmente ricaviamo dal petrolio e che conosciamo genericamente come plastica. La sua diffusione nel corso del secolo scorso deriva dal basso costo e dalla sua resistenza e versatilità. Eppure proprio la sua durabilità, che l'ha resa popolare e spesso insostituibile, é la causa principale anche del suo forte impatto ambientale. Una volta servito il suo scopo, se non differenziamo e smaltiamo correttamente) i rifiuti in plastica, rischiamo di riempire le discariche di un qualcosa che impiegherà centinaia di anni (nelle ipotesi più rosee) per decomporsi. Ma soprattutto, il rischio é quello che questa plastica, rifiuto dopo rifiuto, finisca per arrivare nei nostri mari.

Le Microplastiche e le Nanoplastiche

Si tratta di quelle particelle plastiche di dimensioni comprese tra 0,1 e 5000 micron (µ) chiamate microplastiche e da quelle che vanno da 0,001 a 0,1 micron, ossia da 1 a 100 nanometri, conosciute come nanoplastiche.
Queste particelle derivano dalla frammentazione di rifiuti più grandi oppure possono essere prodotte già di queste dimensioni. Le principali fonti di microplastiche sono le produzioni industriali, soprattutto cosmetica ed abbigliamento.

Pacific Trash Vortex ed i suoi fratelli


Galleggiando sulla superficie e sospinta dalle correnti marine, questi rifiuti plastici tendono a radunarsi ed accumularsi, fino a formare delle vere e proprie isole. La più evidente e famosa é senza dubbio quella presente nell'Oceano Pacifico, chiamata Pacific Trash Vortex. Ha iniziato a formarsi negli anni '80 e ad oggi può vantare un'estensione variabile in base alle condizioni delle correnti, da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² pari a più della superficie degli Stati Uniti d’America.
Sono numeri da capogiro, che dovrebbero smuovere le coscienze di tutti, a partire da politici e grandi industriali, fino al singolo cittadino.
Eppure il Pacific Trash Vortex non é la sola isola galleggiante che esiste. Una la abbiamo quasi in Italia, avvistata recentemente al largo della Corsica e tante altre più piccole sono sparse per i mari.

Quali sono i rischi?

Al di là dell'ovvia questione che isole galleggianti di plastica rovinano il paesaggio dei nostri bellissimi mari, il vero problema risiede nelle conseguenze sull'ecosistema marino. I rifiuti plastici di dimensioni più grandi, che vediamo galleggiare ed accumularsi, provocano qualcosa di estremamente pericoloso: tolgono la luce all'ambiente sottostante, provocando profonde alterazioni nel ciclo vitale delle piante acquatiche e degli organismi animali che vivono vicino alla superficie. Ma data la vastità del problema, non dobbiamo sottovalutare anche l'impatto della diminuzione del ricambio di ossigeno dovuta a questa ingombrante presenza. L'ossigeno é infatti tanto importante per noi animali terrestri quanto per la fauna acquatica.

E se tutto ciò non vi dovesse sembrare abbastanza serio e rilevante, sappiate che si tratta solo della punta dell'iceberg dell'intera questione.
La problematica più grave é diretta conseguenza delle particelle plastiche invisibili o poco visibili ad occhio umano, quelle che entrano con estrema facilità nella catena alimentare di pesci e molluschi, accumulandosi incessantemente nell’apparato digerente fino a provocare anche la morte dell’animale.
Quando anche noi, all'apice della catena (o meglio, rete) alimentare, ci nutriamo di questi pesci e molluschi, rischiamo di ingerire a nostra volta una gran quantità di plastica, indigeribile anche per noi. Ma anche se non mangiamo pesce, non possiamo sentirci troppo al sicuro: recenti studi scientifici hanno dimostrato la presenza di microplastiche anche in altri alimenti, come ad esempio la birra, il miele ed il sale marino.

Cosa possiamo fare?


L'Europa ha recentemente messo al bando produzione ed utilizzo di micro e nanoplastiche, ma non possiamo escludere che nel resto del mondo vengano tutt'ora prodotte. Facciamo attenzione anche a questo quando acquistiamo prodotti che potenzialmente possono contenere minuscole particelle di plastica. Si tratta soprattutto di prodotti cosmetici, in particolare dentifrici ad azione sbiancante e cosmetici ad effetto esfoliante, come ad esempio gli scrub non naturali.
Per i rifiuti in plastica in senso lato, ricordiamoci di fare sempre attenzione ad effettuare correttamente la raccolta differenziata, in modo di minimizzare il rischio di introdurre nell'ambiente materiale plastico, che rimarrà sostanzialmente inalterato per secoli.

Per quanto riguarda il corretto smaltimento della plastica, cerchiamo di fare correttamente la raccolta differenziata, evitando accuratamente di gettare rifiuti plastici nell’ambiente, in particolare vicino ai corsi d’acqua e assolutamente evitiamo di gettare piccoli oggetti in plastica negli scarichi domestici.




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