Sognavo fin da allora un mondo in cui fossero le proteste civili e pacifiche a cambiare il mondo e non le guerre.
Senza entrare nel merito di quanto utopico sia questo pensiero, volevo ricollegare questa mia indole sognatrice e pacifista fino al midollo a quanto sta accadendo negli Stati Uniti. Nel paese che dovrebbe essere un rifugio sicuro per tutti gli uomini liberi (come recita il loro inno nazionale e la loro Costituzione), le forme di discriminazione sono ancora troppe. Anche un solo tipo di discriminazione é vergognosa, figuriamoci più di una.
[caption id="" align="aligncenter" width="501"] Rosa Parks[/caption]
Le notizie delle ultime settimane riportano episodi di cieca violenza durante manifestazioni contro l'eccessiva violenza della polizia nei confronti di cittadini afro-americani e contro manifestanti che protestavano per alcuni monumenti a generali sudisti protagonisti della guerra civile americana. Perché sì, é proprio così, nel 2017, dopo aver superato la schiavitù e decenni di ghettizzazione, i neri americani ancora devono veder riconosciuto il loro status di cittadini uguali agli altri (e non solo le persone di colore, purtroppo) nonostante tutto: nonostante il coraggio di persone come Rosa Parks che ha sfidato la brutale convenzione che bianchi e neri dovessero sedersi in posti distinti sui mezzi pubblici fino alla coppia di atleti Tommie Smith e John Carlos, che sul podio olimpico, a Città del Messico, durante l'inno nazionale alzarono il pugno guantato (simbolo del Black Power, movimento per i diritti degli afro-americani).
[caption id="" align="aligncenter" width="412"] Tommie Smith e John Carlos[/caption]
Una cosa molto simile al gesto di Smith e Carlos lo abbiamo visto nei giorni scorsi, sempre nella non-così-proprio-civile America. Dopo l'ennesima escalation di violenza ingiustificata delle forze di polizia verso la comunità afro-americana e nei confronti dei cittadini che manifestavano contro questa ed altre politiche di intolleranza, il mondo dello sport ha iniziato una nuova protesta pacifica ma d'impatto. A dare inizio alle danze é stato il campione di football Colin Kaepernick, quaterback dei San Francisco 49ers che prima del match con i Green Bay Packers, si rifiutò di alzarsi in piedi durante l'esecuzione dell'inno nazionale. A seguire il suo esempio furono poi molti altri giocatori, che preferirono inginocchiarsi durante l'inno, per attirare l'attenzione delle istituzioni e dell'opinione pubblica su un tema tanto delicato quanto urgente.
[caption id="" align="aligncenter" width="531"] Colin Kaepernick (al centro)[/caption]
E così campioni del football, del basket e del baseball (tutti sport che più americani non si potrebbe) si sono inginocchiati, mandando un messaggio chiaro: qualcosa deve cambiare. Fanno talmente parlare di sé che confermano la mia tesi iniziale di questo post: le proteste silenziose possono fare più rumore di quelle urlate.
Com'era prevedibile, l'opinione pubblica si é letteralmente spaccata in due: chi ha apprezzato il gesto e lo ha riproposto e chi si é scagliato contro quello che ritiene un oltraggio ad un'intera nazione. Io, nel mio piccolo, sono dalla parte di chi si inginocchia, di chi protesta senza alzare voce e mani. Non ritengo assolutamente che ascoltare l'inno nazionale in ginocchio invece che in piedi sia oltraggioso (come ha affermato lo stesso Trump, personaggio a cui non voglio dedicare nemmeno un minuto di popolarità in più), anzi. Inginocchiarsi é semplicemente un modo alternativo di rispettare quelli che sono stati definiti "patrioti che hanno lottato e sono morti per la bandiera americana", un modo che attiri l'attenzione e sensibilizzi sulla questione.
Evidentemente non sono l'unica a pensarla così, perché ben presto anche il mondo dello spettacolo si é attivato e ha solidarizzato con gli sportivi ed i cittadini, riproponendo il gesto della genuflessione e raggiungendo anche un'altra, diversa e altrettanto ampia, fetta di pubblico. Due esempi su tutti: i due protagonisti di X-files Gillian Anderson e David Duchovny hanno dimostrato il loro sostegno alla causa sul set:
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mentre l'intero cast artistico di Grey's Anatomy si é fatto immortalare nella sua interezza durante le celebrazioni per l'episodio numero 300, proprio mentre esprimono il loro dissenso in ginocchio. L'hashtag che Shonda Rhimes ha utilizzato é quello "ufficiale" dell'iniziativa, che ha fatto rapidamente il giro del mondo: #takeaknee
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Forse queste iniziative pacifiche non serviranno a far cambiare opinione uno degli uomini politici più ottusi della storia, ma di sicuro contribuiscono a diffondere consapevolezza di alcune questioni importanti, sensibilizzando persone anche lontanissime. In fondo, come diceva anche Madre Teresa (donna con cui raramente sono stata d'accordo), l'oceano é fatto di tante piccole gocce.
Non commettiamo l'errore di non fare la nostra parte: in quest'epoca in cui siamo tutti connessi ed in contatto, possiamo far diventare virale qualunque messaggio. E cosa c'è di più importante di usare la tecnologia per una giusta causa? L'indifferenza uccide, sempre.
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